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Emma

Vi presentiamo la storia di Emma narrata dalla mamma Simona.

“La situazione di vostra figlia è molto grave”
“Sua figlia non sarà mai autosufficiente”
“Non sorprendetevi se tra poco la terapia non farà più effetto, sicuramente dovremo inserire nuovi farmaci”
“La partita ve la giocate entro i 3 anni"
“Una cisti di 6 cm di diametro nel cranio, mi creda signora questo è il problema più trascurabile di sua figlia…”
“Quel che ha tua figlia è peggio di un tumore, non può sperare di guarire, nessuno ti capisce o compatisce e soprattutto non gliene frega niente a nessuno, troppo raro!”
“Una cosa signora è tenere in mano meccanicamente un libro, una cosa è saper leggere un trattato di filosofia, non si illuda”

Queste sono alcune affermazioni pronunciate da vari specialisti riferendosi a mia figlia. Alcuni di loro hanno usato una delicatezza che ancora ricordo, parlandomi con le lacrime agli occhi, altri mi hanno vomitato addosso la cruda realtà.

Quando Emma aveva 10 mesi siamo state ricoverate per un lungo periodo in neuropsichiatria, prima diagnosi sindrome di Aicardì, dopo un anno arriverà anche la notizia della mutazione genetica SCN8A. Il reparto è blindato, anche le finestre sono sbarrate, non puoi tenere saponi o prodotti chimici, non c’è uno specchio, non c’è nemmeno un lettino pediatrico per mia figlia, ogni notte cerchi di sopportare le urla dei pazienti che vogliono togliersi la vita.
Un giorno un’infermiera mi fa una confidenza, parecchi anni prima ha perso suo figlio, 3 anni, anche lui affetto da una malattia rara, mi dice: “il primo anno vuoi solo morire, il secondo cerchi di fare l’impossibile perché pensi che protesti salvarlo, il terzo anno inizi ad accettare”.

Durante i primi tempi volevo solo chiudere gli occhi abbracciata a mia figlia, e non riaprirli mai più, continuavo a chiedermi “Perché proprio a me? Perché la mia bambina? Io non la voglio questa bimba e non voglio questa vita”. Poi sei costretta ad andare avanti, devi accudire tua figlia, lavorare, la casa, ospedale, esami, terapie…
Dopo parecchi mesi ho iniziato a contattare sui social tutte le mamme rare come me, un po’ per notte le raggiungevo e mi arrangiavo con i traduttori automatici in modo da stilare le mie statistiche. Quando hai a che fare con una malattia rara nessuno purtroppo investe tempo ad indagare sul tuo caso, bisogna darsi da fare, sentire tanti pareri medici e non solo, e poi studiare sempre…

E quasi incredibilmente Emma adesso ha 4 anni e mezzo, spesso ripenso al racconto accorato che mi fece quella infermiera, non lo credevo possibile ma aveva ragione! Io sto iniziando ad “accettare”, forse grazie al fatto che mia figlia è stupenda, cammina, parla ed ha raggiunto traguardi inimmaginabili, ha superato centinaia di crisi epilettiche. Certo la vita è un po’ diversa da come l’avevo immaginata. Lei deve conquistarsi con i denti ogni acquisizione ed io devo trovare il modo per renderle tutto più facile. Ogni volta che dorme spero che non si risvegli in preda ad una crisi, o che almeno riesca a superarla indenne.
Oggi, però, non guardo più con invidia amici e parenti che hanno figli sani, ma penso ai bambini che hanno le malattie di Emma e soprattutto ai loro genitori, e mi rendo conto che nella sfortuna sono proprio la mamma più fortunata sia della famiglia Aicardì che della famiglia SCN8A!"

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